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284 iii - il libro della bella donna


lascerò di dire quello che n’ha scritto di ciò il formator del Cortegiano, quel che si legge della casta Isabella appresso il Furioso, quel che si mostra appresso Livio intorno al fine del primo libro, appresso Ovidio intorno al fine del secondo de’ suoi Fasti, appresso Dionisio al quarto, appresso Servio al commentario ottavo sovra Vergilio, appresso il Petrarca nel sonetto «In tale stella» e in quell’altro «Cara la vita», e in mille altri luoghi della nomata poco dianzi ed infelice Lucrezia. Io lascerò di dire delle tedesche, di cui Valerio Massimo al capo Della pudicizia, ed il Petrarca in quello Della castitá , n’hanno parlato. Io lascerò di dire ancora d’Ippo, femina greca, di cui ai citati luoghi fanno menzione e Valerio ed il Petrarca antedetti; e finalmente lascerò di dire di mille e mille, che piú tosto morire che perdere l’onestá hanno avuto in grado, e, se non hanno potuto innanzi che fusse lor tolta (benché, contra la volontá tolta, si può dire che non sia tolta, che la mente pecca e non il corpo), sono rimase morte doppo con la propria mano, come Lucrezia: si sono precipitate in qualche fiume per l’estremo dolore, come quella, di cui l’essempio viverá in eterno nelle dotte carte dell’allegato pur mò formatore del Cortegiano. S’io non dirò adunque nulla di tante e tante, non dirò io d’alcune nostre vicine e meno antiche? Si bene: or udite. Presa d’Attila la cittá d’Aquileia, la quale si potè ben tre anni da lui gagliardissimamente difendere, vi fu dentro una donna, nomata Dugna, ricca di bellezza e possente di ricchezza, la quale, come le vennero veduti i nemici licenziosamente e crudelmente usanti la vittoria, perché non l’avenisse di perdere la pudicizia, salí sovra una torre, che giunta era alla casa sua e riguardava sopra la Natissa, fiume vicino scorrente, e, involtosi il capo in che che si fusse, vi si gettò precipitosamente. Nella medesima presa, ruina, uccisione e disfacimento d’Aquileia trovossi un’altra bella e pudica donna chiamata per nome Onoria, la quale, mentre che si menasse via rapita da fieri ed orgogliosi soldati, si venne a caso ad incontrare nel sepolcro ove giaceva il marito di lei. Quivi fermatasi e quello con lamento abbracciato, e l’amato nome del marito spesse fiate chiamando, non si potè mai d’indi staccare,