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266 iii - il libro della bella donna


poco prima, e poi si leva a volo, cosí in voce sommessa, aumentandola pian piano, si mise a favellare. — Hacci il signor Pietro con la sua dolcissima favella (simile tutta a quella di lei, che sí cara mi è, che piú lungi non veggo, nè veder bramo) persuaso, come ci disse al principio del suo ragionare, che nella donna nostra non si deono trovare nè zibetti nè acque muschiate: ora ci persuaderá egli forse anco questo, che in lei non convengano le rose, i fiori, le viole e qualche bello ed amoroso pomo? — Non ’l voglia il cielo, nol voglia la fortuna, nol voglia il mondo! Gli odori di questi non sono da essere in modo alcuno ripresí come gli antedetti, e nel vero non mi soviene d’aver letto mai che nelle donne morbide e garzone, e meno nei giovani leggiadri ed amorosi, ad uomo alcuno dispiacessero in veruna stagione. Vergilio, in una sua bella elegia, comanda alle verginelle che colgano delle rose, come quelle che bene si convengono con loro. Induce Ovidio Proserpina, nel quinto delle sue Trasformazioni, insieme con le sue eguali compagne, intendere a rose circa il fresco, verde e tutto fiorito lago, nomato Pergusa. Induce Salmace altresi a côrre fioretti, nel quarto, e darsi quel piacere. Induce il Sannazaro Amaranta, e delle altre assai, spogliare l’onore de’ prati, e cosí empirsi il seno di fiori e violette. E, parlando poi egli, quasi disperato, alla sua diva, che l’avea solo abbandonato, ed erasi via fuggita, sdegnosa e con turbato viso, dice cosí: «Seiti dimenticata de’ primi gigli e delle prime rose, le quali io sempre dalle cercate campagne ti portava?». Il Petrarca scrive in quel sonetto «Due rose fresche» che a Laura ed a lui, giovane ancora, furono certe rose donate da un uomo antico d’anni e consapevole de’ loro amori. Scrive in quella canzone «Chiare, fresche e dolci acque» il medesimo: che l’antedetta Laura fu un giorno (e forse venerdí santo) tutta coperta da una pioggia di fiori, scendenti da certi bei rami, al tronco de’ quali, come a colonna stavasi appoggiata ella, forse stanchetta alquanto per lo camino che aveva fatto. Vedete il sonetto «Amor ed io sí pien di meraviglia». Per li quali tutti luoghi vedendosi apertissimaniente che alla giovanezza, e massime a quella delle belle donne,