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248 | iii - il libro della bella donna |
da ogni parte compiuta. Il perché la vorrei di colore di marmo, tale quale mi ricorda d’avere non so se letto o udito dire ritrovarsi nell’isola di Paro, cioè candida sì, che candidezza maggiore non apparisse nè in cigno, nè in giglio, nè in armellino, nè in neve... — Pur mò scesa dal cielo? — disse qui il signor Vinciguerra. Ha egli nevicato forse? — No — gli rispose il signor Giacomo; — ma voi non mi intendete. Io dico ch’io vorrei che la gola di questa donna fusse vie piú bianca che non è la fresca ed ancora intatta neve, fioccata nuovamente dal cielo. — Ah! — rispose l’altro — ora v’intendo. — E fece che qui noi altri ridemmo alquanto, infin che’l signor Giacomo riprese a dire: — Simile gola commenda in Amaranta il Sannazaro, ed altri assai; de’ quali ora non mi sovenendo il nome, io verrò al collo, che bianco, piú che latte, dice essersi ritrovato in Laura il Petrarca
nella canzone, che comincia «In quella parte». D’avorio fu quello di Narciso, come giá lessi in Ovidio... — Oh! come è vero — gridò trapostosi qui pure il signor Vinciguerra — che egli l’avesse d’avorio? Questa è simile alla favola di Pelope, di cui Vergilio nel terzo della Georgica, Tibullo al primo delle sue colte Elegie ed il medesimo vostro Ovidio al sesto delle Trasformazioni ne fanno menzione. Nella quale dicono che, avendoli Cerere mangiato l’omero sinistro in quel convito, che l’empio e crudel Tantalo fece agli dèi, gliene restituí uno d’avorio; cose del tutto vane e di niun segno di veritá colorite... — O che voi non siete in buon senno, o che mi avete stasera tolto a darmi le beffe, signor Vinciguerra! — gli disse il signor Giacomo. Seguendo poi: — Quando ch’io dico che Narciso ebbe il collo d’avorio, io non intendo, come voi, ch’egli l’avesse veramente d’avorio, ma bianco come avorio. E cosí vuol essere inteso Ovidio e ’l Bembo altresi, quando nel sonetto «Crin d’oro crespo» dice, in lode della bianca mano della donna sua, cosí :
Man d’avorio, che i cor distringe e fura.
D’avorio fu quello della diva dello Strozza il figlio, come egli testifica nel secondo de’ suoi Amori. Quel che ne dice l’Ariosto, nelle tanto allegate da voi bellezze d’Alcina, egli ci è chiaro. E però