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de la bella creanza de le donne | 19 |
Raffaella. Insomma io, di quanto dico, intendo secondo la possibilitá. Chi non può tutto, faccia quel piú che sia possibile, sforzandosi ancora un poco.
Margarita. Seguite dunque.
Raffaella. Dico, tornando a proposito, che è molto brutta cosa il portar una istessa veste molto tempo; ma bruttissima, quando altri si può accorgere di chi di una veste ne abbia fatto un’altra, o tignendola o rivoltandola o altrimenti, come fece la moglie d’uno che è adesso de’ Signori. Che, essendosi fatta, quando era sposa, una veste di damaschin bianco, dopo che l’ebbe portata parecchi anni, essendo giá molto lorda, la rivoltò, ponendo il dentro di fuora, e cosí se la portò cinque anni poi di domenica in domenica. Ma, essendo giá frustissima, la fece tignere in giugiolino o leonato, che noi vogliam dire, sí per parer di mutar veste, e sí perché in quel colore manco si conosce il frusto che nel bianco, e sí ancora perché a la sua etá il bianco oramai non si conveniva. Or, cominciandosi poi, dopo qualche anno, piú a rompersi gagliardamente, si risolvé pur di guastarla, e fecesene di una parte franze per non so che camorra pavonazza, e di un’altra parte certe manichette, le quali in pochi dí convertendose in fila, le ricoperse poi con panno lino tagliato, e cosí si stanno oggi. Quel che ne seguirá vederemo: penso ben che, inanzi che il povero damaschino si riponga in sepoltura, andará ancora scontando i suoi peccati, in altre forme, qualche anno piú.
Margarita. M’indovino chi sia costei.
Raffaella. Basta. Or tutto quel ch’io t’ho detto intorno a la ricchezza del vestire, bisogna che sia accompagnato da un garbo pien di giudizio, ché altrimente non varrebbe niente.
Margarita. In che consiste questo «garbo»?
Raffaella. Consiste in tre cose principalmente: nei colori, in commodo de la persona e nei movimenti.
Margarita. I movimenti, madonna Raffaella, sono pari de le azzioni; e noi siamo ora nel proposito del vestire, e non de le operazioni.