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220 | ii - angoscia doglia e pena |
Pure, sapendo che mi conviene a fare della necessitá virtú, contra
mia voglia, mi consolo per mio potere, poiché Iddio, signor del
cielo, l’abbia chiamata nel glorioso regno ove le sante opere e
bone sono meritate. Pertanto prego quella che mi perdoni s’el mio
scrivere è stato tardo, pure l’amore e la benevolenza sempre è
stata apreso alla mia memoria. Imperò sapi la Signoria Vostra che
la mia consorte e la vostra cittadina si ripossa nelli beni di vita
eterna, perché ha fatto lodevol fine e da bona cristiana: perciò
credo che giá ella prega Iddio per noi. Né mi occorre scrivere
altro, salvo che quella se aricordi che li son servitore, pregandola
che me avisí come io sto in grazia di signor Francesco Suvaro, e
finalmente che iudizio faranno li comensali del presente nostro
discorso circa il fatto matrimoniale, destinato al signor Paolo
Palmeri. Vale.
Da Vinegia.
2.
Commiato della Pena.
BIONDO
a’ savi e pazzi
Dalla casuppola, dov’io transtullo con la mia musa, a dí ultimo di miei affanni, nel millesimo, che piacque a Dio, della mia vita, con angoscia, doglia e pena. Biondo con la man propria.