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180 ii - angoscia doglia e pena



Socrate. Un cavalcar.

Biondo. ludico, o maritati, esservi noto quanto Pericle amava la sua moglie, poiché, continuamente stando in casa, gli era al lato, sí che se la basava o accarezzava altrimente. Lasso considerar a voi perciò di Periandro corinzio: tacerò la benevolenzia, che era fra egli e la moglie, perché mi persuado che voi sapete, come si legge, di averla abraciata morta. Imperò di me, afflitto, che debbio dire? Perché era sforciato, cavalcando per il mondo per fuggire l’aspreza della mia donna, impir le valli di miei lamenti, crescere li fiumi col mio pianto, placar le fere con le mie pene, invescare li vaghi uccellini con la mia saliva dove io sputava, inescare i pesci col proprio mio cibo, scaldar l’aria serena col mio suspirare e far amaro ogni sapor dolce dov’io alogiava per consolarmi alquanto. Pertanto, quando Socrate disse al mio maestro «un cavalcar» essere cosa di matrimonio, mi parve che volesse intendere di qualche partenza, overo mutar talvolta il paese, e ciò si fa cavalcando, accioché in tutto non se consumi il marito al lato della sua moglie; perché, quando li detti si amano con perfetto core, per grande benevolenza si sogliono consumare, come la cera a canto il fuoco. Sí che li primi miei sette anni, stando al lato della mia donna, odendo alcuno che diceva di voler cavalcare in parte lontane per la straneza della sua moglie, mi maravegliava grandemente come li comportava il core di fare tal partenza; sí che, conoscendo loro piú di me ed avendo provato quello che io aspettava di gustar amaramente, non potendo soportar le pene, li guai e li strani appetiti della sua moglie, deliberavano di cavalcare tanto lontano, che mai piú potesseno udire il nome di tal donna fastidiosa. Perciò molti facevano professione di domare cavalli del paese atti alla fatica, molti se dilettavano di alevar zanetti di Spagna, molti se innamoravano di corsieri turcheschi e molti di cavalli francesi, molti di crovati, overo sardi