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pena 165



Cieco per natura. Il fuoco giá, le femine e la terra,
l’abisso, l’inferno non dicon «basta».


Per essere la donna una delle cinque cose insaziabili, come Cieco vi canta, per confirmare in tutto la sentenzia di Socrate, ve essorto, accesi di fiamma amorosa, che non beviate la bevanda d’amore, perché diventarete furibondi, di sorte che vi darete la morte da voi istessi, come fece Lucrezio poeta, overo serete attosegati dalla vostra donna, come fu atosegato Antioco, re di Siria. Perciò comprimete la fiamma del falso amore, perché è tempo perso di seguirlo, imperoché chi ama la forma di una donna fugge l’onesto e sprezza la fama. Ma, acciò non vi paia che io parlo senza fondamento, dicovi che la fiamma di questo amor crudele, comincia diletare pian piano, perché si notrisse nel principio da piciol vapore; nondimeno il fomento di sua consuetudine, esacerbando con grande ardore, abruscia ciascuno. Pertanto saviamente disse Euripide che l’amor di donna è gran male; sí che sappiate che doi volte more chi ama. Né qui perciò vi val adure causa alcuna nè forza di animo, perché gli è sentenziato da prudenti essere misero chi ama la donna, percioché, essendo la donna insaziabile, come la terra, come il fuoco, come l’abisso e come l’inferno, gli è pur pazza cosa di secquire quella che mai si satola. Imperò, se l’uomo in suo servigio si squaglia e dislegua ancora, non ha fatto cosa alcuna. Pertanto, pria che io descenda al matrimonio, ed a l’ultimo documento di Socrate, dirovi, amici, ma senza senno, le pene in parte e li tormenti di ciascun maritato. Imperò, o voi che andate balestrando per le finestre, cercando il laccio giugale e donna che agrada agli occhi vostri, dicovi che facilmente trovarete un core che sempre è vario, e la donna che ha la carne fragile; sí che di qua si comprende la donna essere pazza facile per cascare nel peccato. Perciò, oltra ancora, sappiate