Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/166

160 ii - angoscia doglia e pena


scandalose essendo, vogliono esser giudicate pacifice. — Sí che, o voi, donne, essendo in voi somma malizia, dico che nel vostro petto si chiudeno tante sceleritá quanti circoli vi sonno nella sfera. Pertanto sappiate, o voi che seguite il vostro appetito, che tutte quelle che viveno in modo di quel uccello, che per li deserti va beccando i corpi morti: hanno l’animo perverso, imperò non trovo quella che eccetuaremo. Perciò quella, che piú si accosta alla carogna, piú deve essere odiata, perché il fetore e puzza per natura corrompe ed infetta colui che abita in lochi pieni di fettore e passesi della carogna: perciò convien che corrompa non solo se medesimo, essendo infetto, ma ancora colui che conversa con lui. Pertanto, la donna essendo tale, fate come fanno li savi e dotti, quali, poiché, vedendo una bellissima ancòra, non l’amano come sogliono amarla gli altri pazzi sfrenati e senza legge, ma, solo mirandola come prudenti, trovano che, sotto vari vestimenti, gli è la volpe, nibio e cane arabiato. Perciò, quanto piú la vedete coperta, tanto piú la giudicarete essere malvagia, perché la bontá no, ma il vizio si sconde, benché le donne scoperte ancora e di viso chiare son piene di fraude. Sí che quella che non ha in sè consiglio o modo alcuno, direte che con consiglio non si può reggere o governare. Sí che, per non vivere in stracio eterno, non vi inamorate, anzi lasciate i pensieri vani, fuggite i van diletti, perché cosí fuggirete tutti gli errori e danno eterno.