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doglia 159


quel che fa la vita nostra sufficiente, e da molti essere disiata, e di nulla cosa noi essere bisognosi. Overo «felicitá» gli è certo operare secondo la perfezzione della virtú operante nelli beni esteriori. Pertanto, sí come nulla cosa al mondo è piú disiata della felicitá, cosí per contrario non vi è cosa che si fugge piú della infelicitá, il che vòl dire privazion di beni sí del corpo come di l’anima. Donque dirò essere felice colui a chi tutte le cose onorevoli vanno prospere, ed infelice dirò a chi li suoi successi occoreno, ma non secondo la propria voluntá. Perciò Socrate nella sua esclamazione vòl dire: O beato colui che non crede! (cioè chi non presta fede alla sua donna) o prospero ed aventurato ogni volta che non si lassa ingannare dalla sua doglia! o fortunato piú della felice nave, chi non s’inganna dalle dolci parole della sua occulta inimica! Pertanto, contemplando il fine di questo ragionamento, trovo che Socrate non vòl che prestiamo fede nè che debbiamo credere a donna alcuna; perché poche si trovano che non son di natura di Sestilia monaca, di Cornelia, di Postumia e di Vidubia, giá ordinate alla castitá monacale, ma per non osservarla, di sorte che tutte le donne omai mi paiano matregne. Percioché la mia è fatta Ino, la vostra será Ippodomia, del compagno Stratonice, de l’amico Gidica, del patrioto Ida, del forestieri limone, di privati Opea, di domestici Eribea, di principi Alfrida e di populi será Nuceria. Pertanto, o voi senza guida innamorati di vostra ruina, ve aviso che non si trova piú fra mortali donna Cornificia, nè Cleobulina, nè Polla, nè Panfila grammatica, nè Femone, inventrice del verso omerico, nè Luceia, nè Debora, nè figlia di Pitagora, amica di filosofia, nè madre di Aristippo, donna veramente di grande essempio a le altre inique. Perché le donne di nostri tempi, essendo ignorante, vogliono parer sapute; e, iraconde, vogliono esser tenute piacevoli; piene d’inganno, vogliono esser giudicate pure e senza macchia alcuna; ingiuste essendo, vogliono esser tenute giustissime; pazze essendo, vogliono essere reputate savie; ingannatrice essendo, vogliono esser giudicate senza inganno; sciocche essendo, vogliono esser tenute agraziate; brute essendo, vogliono essere tenute belle;