Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/158

152 ii - angoscia doglia e pena


Achille citaredo, per levarme li fastidi da la mente: perché io trovo che Alessandro macedone l’ave ancora imitato, volendo consolare la mente fra gli affanni del mondo. Sí che voi, donne, uditemi un poco e prestatime la fede: se voi serete caste e fidele al vostro sposo, ogni cosa vi succederá prosperamente. Né vi giova esser pietose, quando ancora non séte fidele; benché molte si trovano pietose ed infidele, perciò incredule infidelmente viveno, perché l’animo loro è perverso. Imperò quella, che si trova giusta, la vive in eterno; ma quella, che gli è di poca fede, sempre sta dubiosa. Pertanto, o donne, sappiate che, se me respondete voi essere fidele, e non operate l’opere bone, dicovi che, sí come il corpo è morto senza il spirito, cosí la fede è morta senza le bone opere. Pertanto non si trovano maggior ricchezze, nè maggior tesori, nè piú grande onore, nè maggior sustanzia, in questo mondo, di essa fede, perché la fede salva ciascuno, la fede illumina i ciechi, la fede sana l’infermi, la fede giustifica i fideli, e’ giusti argumenta, i penitenti repara, corona le vedove, conserva nella castitá le vergine e maritate. Oh fede bianca, fede chiara, fede vera speranza, fede tesoro perfetto, fede riposo, chi in te ferma la sua speranza! Pertanto, essendo la fede sì perfetta cosa come avete udito, possete giudicare quanto è imperfetto o quanto è grande inimico di umana generazione, anzi di esso Iddio, colui che è inimico della fede. Imperò, se gli è vetato di conversare col proprio inimico, se gli è proibito di praticare col publico oste, quanto è piú proibito e vetato di conversare con quella che è inimica di fede! Per certo se deveria caciare fuori della pratica e nostra conversazione, perché gli è ribella non a cose umane, ma a quelle del cielo. Nondimeno, s’io potesse fare che la donna diventasse amica alla detta fede, con musica o canti, di quali veggio lei essere pazza, non faria come fece Tamira musico, che provocò le muse al cantare, da le quali essendo superato fu esso ancora ciecato; ma imitaria Epicle, citaredo ateniese, che fu pregato da Temistio che in casa sua volesse essercitare l’arte, accioché fusse frequentato forse dalle donne per farle fideli; anzi cercaria de diventare Ismenia trombetta,