e con le cose sacre. Imperò sappiate che la fede si piglia in
piú modi, percioché la fede è la promissione e fideltá, la fede
ancora è conscienzia, fede è credito di debitori, overo è il credere
di quello che non si vede: perciò è sacramento. Imperò
san Paulo, vaso di elezzione, disse «la fede essere sostanzia
di cose sperate ed argumento di non apparenti». Perciò dico
che la fede non solo è di libero arbitrio, ma gli è ancora il
don de Iddio. Pertanto non si meravigli alcuno, che la fede
governa piú la repubblica che li sudori umani. Né perciò la
fede può essere senza giustizia: imperò chi crede allo indovinare
di alcuni pazzi, overo all’arte maga, ha perso la vera fede.
Ed è la donna che mai attende ad altro che alle fatuchiarie e
profetar di cingani: perciò la donna ha perso la fede vera, e
perciò è la sua inimica. Imperò vi giuro per le parole poste
in queste carte con gran doglia del core, che infinite volte ho
desiderato la virtú di Terpandro lesbio, per indolcire l’animo
mio, turbato da la donna mia; la quale, quante volte mi stringe
la sua inferma fede di non consumarme con parole orrende, ingiuriose
e piene di lupina rabbia, tante volte e piú me tormenta,
m’affligge, me dismembra e squarciami il core (Dio il sa!), e senza
la mia cagione. Sí che, essendo instabile, gli è senza la fede.
Pertanto credetime, lettori miei, che spenderia non solo i fugaci
beni, ma la mia propria vita, per avere un uomo come fu Terpandro
(il quale indolciva gli animi adirati, anzi li sforciava diventare
amici), quando la mia donna rumoreggia, quando grida,
quando diventa foribonda, quando io sospiro senza possa, quando
io ingiotto mille morsi piú duri di patire che non è il ferro,
quando per sorte l’avess’io ingiottito. Perciò credetime che la
donna non serva la fede per sodisfare ad alcun suo errore: imperò
tu, donna malvagia, sappi che Iddio sodisfa a ciascuno secondo
la giustizia e la sua fede. Perciò, vedendo io universalmente
tutte le donne ricche di malizia e povere di fede, desidero che
nasca un’altra volta un Pigmalione, un Polinnestore, uno Aceo,
un Dionisio tiranno, acciò, come avari, incrudeliscano centra la
donna, e la spoglino di sua malizia. Perché, perdendo tale sua
ricchezza, forse forse ch’io riposaria con le mie muse, imitando