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de la bella creanza de le donne 9


Raffaella. Sopra la tua parola ti scoprirò dunque il mio peccato, che non l’ho rivelato mai ad altri che al mio confessore. Ogni volta ch’io ti veggo, Margarita, e ch’io considero la tua bellezza e gioventú, subito mi viene una ricordanza di quegli anni ne’ quali era giovene io. E, ricordandomi che io non mi seppi pigliar quel bel tempo che arrei potuto, il diavolo, per farmi rompere il collo, mi mette adosso, senza che io me ne possa aiutare, un rimordimento e un dispiacere, che per parecchi giorni sto come disperata, senza udir messa o ufficio o far ben nissuno. E, per non cadere in questo peccato, come t’ho detto, mi guardo quanto posso di venirti inanzi, perchè me ne tengo gran carico a l’anima.

Margarita. Quanto mi fate maravigliar! Mai arei pensato a questo. Ma il medesimo vi debbe intervenir, e piú, quando vi trovate con queste altre, che son piú belle che non son io.

Raffaella. Io non mi sono mai acorta che nissuna mi faccia tanto danno quanto tu. O sia perchè in vero non è oggi in Siena bellezza pari a la tua, o per qualsivoglia altra cagione: basta che egli è cosí.

Margarita. Ogni dì mi riuscite piú devota, madonna Raffaella, poichè voi vi fate conscienza di sì poca cosa.

Raffaella. Ti par poca cosa ricordarsi di non aver fatti degli errori e pentirsene, eh! Ch’io non so come la terra non me inghiottisca !

Margarita. Molto peggio sarebbe ricordarsi d’averne fatti.

Raffaella. Uh, non dir cosí, figliuola! Pènsati ch’io ho piú pratica di questo mondo che non hai tu, e conosco oramai la brusca da la trave intorno a cose di conscienza.

Margarita. Io vi crederò, chè so che di queste cose ne sapete la parte vostra, secondo che mia madre mi disse piú volte.

Raffaella. Oh, quanta fede mi aveva quella benedetta anima di tua madre! Oh, Dio sa quanto amor ch’io le portava! chè si può dir, me la son allevata io.

Margarita. Chi lo sa meglio di me, ch’ella non poteva viver senza di voi?