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134 ii - angoscia doglia e pena


con quali ve invesca mentre che amoreggiate, con quali ve losinga mentre che l’accareciate, la bocca con qual vi basa quando voi pensate di goderla. Allora vi avenena, quando vi succhia la lingua o labri, mordendovi e licandovi con la sua lingua, che move piú velocemente di qual vòi cane morto di sete, overo di quel serpente che, aceso di veneno, si apparechia di butarlo adosso. Pertanto la donna, quando tace, conserva in bocca il mortal veneno: imperò, quando parla, amaza mortalmente. E, se gli è il vero che ’l suo veneno è ascosto, voi il sappete, perché non vi è uomo che conosce il veneno de la sua donna, ancora che stia con gli occhi aperti; perché il suo veneno conserva occultalmente, secundo che dice Socrate al mio maestro. Ed è cosa certa, perché, s’io avesse conosciuto tal veneno essere in bocca de la mia donna, averia fuggito nelle estreme parti di Etiopia, pria che mai avesse tolto la donna per continua mia compagna. Pertanto, essendo nascosto il detto veneno, non me accorsi, sí che son rimaso ingannato, anzi infetto persino alla medolla. Di sorte non vi maravigliate che gli antichi abbiano chiamato molte donne «venefice», overo maestre di veneno; come fu Circe, de la quale si favoleggia che abbia mutato li compagni di Ulisse in diversi animali con suo veneno. Di Medea quel che si ragiona voi il sapete: come fu sufficiente di fare un vestito, tinto di veneno non conosciuto, il qual mandoe in dono a Creusa, moglie giá del suo marito; il quale poiché ebbe vestito, si accese di vivo fuoco, di sorte che abrusò la sposa con quanti erano convitati alle nòce. Perciò che cosa dirò di Micale, la qual fermava la luna con li soi incanti? Erifia, la qual col sue sguardo avenena quel animale che guardava con gli occhi? Pertanto ciascuna donna possemo chiamar «locusta», perché non studia ad altro che al mortal veneno, come studiava donna Locusta. Oh quanti si vedeno ciechi dal veneno de la donna, che imita la Gutrune, la quale con li suoi incanti molti cecava senza alcun male o altro diffetto che se vedesse di fuori. Lasso da canto Canidia napolitana, venifica, Sagana e quella ninfa trazia saga, venefica e saltatrice, giá tenuta dea in Trazia, perché non solo l’istoria antica, ma