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Baffa. Se anco al tempo nostro venisse voglia ad alcuno d’essaltarvi, non lo potrebbe fare?
Domenichi. Senza dubbio, ma non gli sarebbe prestata quella fede che allora se gli dava, perché ci sono in troppo quantitá i poeti, e poco se gli crede. Anzi, per meglio dire, è passato il tempo degli Omeri e Vergili.
Baffa. Diceste pur dianzi esser buono tenersegli per amici.
Domenichi. È vero ch’io lo dissi, e non vel niego; perché, tutto che le lode e biasimi d’una gran parte dei poeti moderni muoiano con gli autori stessi e le loro opre insieme, nondimeno giova pure anco sentire smusicare alcuna cosa in suo onore; come anco, se non nuoce, duole udire scoprirsi alcun suo vizio. E però è bene avergli amici.
Baffa. Da che procede che si poco durano nella memoria degli uomini le moderne opre, e piú tosto sempre s’appigli alle antiche? Non credo giá che sia perché anco a’ giorni nostri non abbiamo avuto e non ci siano d’eccellentissimi spiriti in tutte le scienze ed arti, meglio forse che gli antichi non furono dotati.
Raverta. È il secolo presente, signora mia, tanto corrotto, che sdegna aderirsi a quelli che sono stati al tempo nostro. E perché l’uno all’altro porta invidia.
Baffa. Oh male aventurosa nostra etade!
Domenichi. Si dice la vostra satira. Ma lasciamo da parte i poeti; ch’io, per tornare al primo ragionamento, con ragioni efficaci proverò la mia opinione, e vi farò conoscere chiaramente essere piú stabile l’amor dell’uomo che quello della donna non è. E che sia il vero, oltra che l’uomo è piú perfetto, qual complessione è piú atta a innamorarsi nel primo impeto; l’uomo o la donna?
Baffa. La donna.
Domenichi. Io vel concedo: se la donna in un subito piú tosto che l’uomo s’accende, il quale va piú gravemente, non è di necessitá che l’uomo, quando, fatta la elezzione, s’innamora, sia anco piú stabile e piú saldo né cosí per poco si mova, come fará la donna? La quale, si come per picciolo momento