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i - il raverta 47


Baffa. Assai ho compreso fin qui: pur mi restano ancora molte cose non bene da me conosciute. Nondimeno io vorrei...

Raverta. Non passate piú oltra, perché pur ora in me ritorno; ché m’aveggo come, senza avedermi, sono stato ardito, e la mia lingua ha usato ragionare di cosí sublimi cose, ch’a pena la mente nostra è atta a considerarle. Onde ne chieggio perdono, non del non avervi, come so, a pieno, ma pur in minima parte sodisfatto; ma dell’ardire avuto di entrare in sì alti misteri.

Baffa. Voi mi lasciate a pena incominciare quel ch’io voleva finire; perché la mia opinione è conforme alla vostra. Imperoché di tal maniera per le parole ed i misteri compresi mi sento l’anima infiammata, che quasi, ascesa a quella sublimitá senza avervi avuto i primi principi, dubito di non mi vi poter fermare. E però voglio che non vi sia noia lo scendere piú basso: e fatemi dono di spendere tutto il restante del dì d’oggi meco, ch’io ve ne resterò per sempre tenuta; tanto maggiormente ch’io verrò ad essere raguagliata di quanto, come io v’ho detto, mi fu promesso dal Campesano. E giá della migliore e piú nobile parte siamo spediti.

Raverta. Questo non dirò io; ché di quanto v’ho detto poco o nulla vi è stato di buono: non perché le cose delle quali abbiamo ragionato non siano utili, buone e sante; ma perché male io mi conosco avervene saputo render ragione, imperoché d’intorno ciò meglio si poteva discorrere. Mi recherò dunque a pazienzia, veggendo sí come troppo arditamente ho cercato, con piume cerate e frali, giungere e scorrere per lo cielo.

Baffa. Quanto a me, mi chiamo per ora paga e contenta: un altro giorno forse, a migliore agio, potrete intieramente di ciò ragionare. Ma quello ch’io voglio dir è, poich’avete fatto il piú, facciate anco il meno. E cosí pian piano, circa alcuni dubbi d’amore proposti pure da messer Alessandro in un nostro ragionamento, mi darete assoluzione, la qual cosa, in questo estremo caldo, a noi sará di piacevole diporto onorata cagione. E so che il Domenichi non rifiutará di farvi compagnia in dire anch’egli il parer suo: non ho detto d’«aiutarvi», perché poco d’altrui soccorso nelle vostre azzioni a voi fa mistiero.