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Flamini (1) espressero giá qualche dubbio circa la completa originalitá di quest’operetta; e si mostrarono concordemente convinti che il Varchi abbia guidata la mano alla Tullia. L’Andreoli (*), un po’ esageratamente a mio parere, si sforzò di dimostrare essere stato il letterato fiorentino «addirittura padre della prole prosastica» della Tullia. La questione è complessa e irta di molte difficoltá. Peraltro, che il presente dialogo sia opera completa del Varchi è da escludere assolutamente; che egli vi abbia avuto parte è da ammettersi, io credo, senza alcun dubbio. Ma, oltre a questo, in cui quasi tutti gli eruditi oggi sono d’accordo, è da osservare che la lettera del Muzio conserva in modo perfetto la grafia di tutto il dialogo. Dunque, una delle due: o la Tullia e il Varchi scrissero anche la lettera proemiale, e questo non mi pare probabile; oppure il Muzio ebbe parte, egli pure, per lo meno nella correzione finale dell’operetta. E cosí infatti pare piú probabile che sia avvenuto: cioè che la Tullia, probabilmente ricostruendo (3) un discorso simile fatto nella sua casa dal Varchi (dispute e discussioni letterarie si tenevano spesso presso di lei ( 4 )) e rimpinguandolo con acconci argomenti tratti dalle opere dello storico fiorentino, abbia steso il dialogo di sua mano, con quella vivacitá e versatilitá d’ingegno che le era propria; che quindi abbia consegnato al Varchi, come era suo costume ( 5 ), il testo da correggere e che questi vi abbia introdotto quelle modificazioni, specialmente linguistiche, che credette opportune; e che infine il testo, cosí racconciato, sia passato tra le mani del Muzio, che tutta la grafia dello scritto coordinò, corresse e diresse per la stampa.

(1) Fr. Flamini, Il Cinquecento, p. 381. Cfr. anche Giornale storico della lett. il,, xvni, 407.

(2) A. Andreoli, Intorno alla paternitá di un dialogo del secolo decimosesto, Pavia, 1904, p. 3.

(3) Non è infatti da credere che la Tullia non fosse capace di concepire e dettare un dialogo, come questo di cui parliamo. Avvezza a prender parte fin da giovane a conversazioni e dispute cortigiane, non è troppo da stupire ch’ella potesse anche comporre un dialogo, come giá aveva scritto il Guerino e le Rime, per quanto si possa ammettere che anche questi siano lavori corretti e rabberciati da altri. Cfr. la comprensiva prefazione di E. Celani all’edizione delle Rime di Tullia d’Aragona, Bologna, Romagnoli, 1891, p. xxu. In questa prefazione inoltre si può vedere tutta la bibliografia sulla cortigiana romana.

(4) Cfr. Domknichi, Facezie, motti e burle, Venezia, 1558, p. 32. Si veda inoltre una lettera a Isabella d’Este nella Rivista storica mantovana, 1, 1-2: Un’avventura di Tullia d’Aragona.

(5) Cfr. Biagi, op. cit. e Andreoli, op. cit., p. 5 sg.