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di questa magnanima ed illustre signora; la quale, e con sopportazione (come, giá da voi lontano, tutto acceso del valor vostro, cantò il mio bassanese), avete tal forza che:

Quando talor dal vero ben si parte l’alma, e col senso a vii piacer si piega, non si tosto di voi le fate parte, ch’ad ogni van desio l’entrata nega.

Perché, si come verginella parte lo spin dal fior, e il fior nel seno impiega, cosí ’l meglio a suo prò sceglie e comparte, e il peggio abborre e lo discaccia e slega.

Quinci dal bene il mal, dal falso il vero,

Putii dal danno e da la gioia il duolo conosco, e ’l mortai fuggo e ’l divin chero.

Tal voi guida mi séte, e tal a volo m’ergo al cielo per voi scarco e liggiero, e tal dal vulgo m’allontano e involo.

Questi sono degli oggetti che si pigliano. Ed in questo modo resta nel proprio suo essere, e viene a spogliar il corpo delle vane delizie. E fin qui mi sia stato lecito dire che, non come prosontuoso, ho interrotto il grave ragionamento della signora, tutta trasformata nella veemenzia del signor Caro, ma per lasciar che alquanto respiri e pigli un poco di fiato.

Leonora. Piú utilitá si troverebbe dal vostro seguitare che dal mio dirne piú. E sia ammesso, a cortesia del bassanese, quanto a lui è piaciuto sopra le qualitá mie poetiggiare ed a voi recitare. Ma, poiché tutti a me séte intenti, ripigliando il dir vostro, che proprio è l’istesso che ci mostrò il signor Annibaie, dicovi che, non si trovando l’uomo capace di potersi cosí in un subito rimovere da questi effetti terreni, mirerá prima gli animali irrazionali, e, veggendo quelli, fuor d’ogni ragione, secondo l’uso solo di natura viversi, correggerá se stesso con l’essempio loro in quelle cose che da un instinto di ragione gli sará permesso. Cosi verrá ad acquistare di quella vera bellezza, della quale communemente sogliono mancare tutti i corpi.