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come di cosa vostra, io non so di essere mai stato di alcuna Sabina: so bene di essere stato, e di essere, della signora Tullia. E quello che dico io, sono certo che direbbe anche l’eccellente messer Sprone, per vostro medesimamente sentendosi nominare. Tanto ho preso baldanza di mutare io in quel dialogo, né ad altro si è stesa la mia censura. E questo ardir mio e quello di averlo da me publicato, mi assecura Amore che voi lo prenderete per bene, dapoiché non altro che Amore me n’è istato cagione. Benché di questa publicazione, fatta senza consentimento vostro, ne dovereste esser voi contentissima; percioché, quando la cosa non fosse tale che fosse degna di vera lode, non voi, che la volevate tener nascosta, ma io, che la ho mandata fuori, ne doverei essere biasmato. Ma sono certo che, con vostra eterna fama, il mondo a me delle fatiche vostre ne averá perpetua obligazione.