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i - il raverta 19


essendo in noi tre qualitá d’amore, cioè amore bestiale, umano e divino, il bestiale si deve intendere: quello affetto eccessivo delle cose corporee disgiunte dalla onestá e rette senza ragione. E si può intendere ed applicare a tutte quelle che mancano di modestia e temperamento dell’intelletto dell’uomo. Umano s’intende quello ch’è circa le virtú morali, il quale partecipa di vera cognizione con alcun diletto ed in sé contiene la materia corporea e la forma dell’intelletto con onestá. Chiamasi «umano», per essere l’uomo composto di materia e ragione; ed è proprio quello che s’apprende con gli occhi, con l’orecchie e con la mente: il quale veramente si può chiamare lecito, e col mezzo di lui nasce poi in noi lo amor divino, ch’è la contemplazione della sapienza di Dio e delle eterne cognizioni. Il quale in tutto si parte da ogni materia corporea, e resta anch’egli piú lecito, piú onesto e tutto santo. Perché l’anima è fatta allora tutta spiritale, onde, dimorando in simile contemplazione, si fa partecipe della divina bellezza.

Baffa. A questo partito, bisogna pure fermarsi prima in questo amore che chiamate bestiale, volendo poi giungere a quello divino.

Domenichi. Non è cosi: udite che punto non è bisogno fermarvisi, e poco ancora in quello umano; perché, come dice il signor Ottaviano, quello è tutto disonesto e tende solamente all’amor ferino, il quale è libidinoso e in sé contiene tutti quegli affetti carnali che sono noti anco agli animali senza ragione, e quegli sensi, che spiritali non sono, in noi partoriscono. Ma nella prima contemplazione, che in noi nasce dalla cosa amabile, gli occhi sono le prime guide; i quali, se solamente si fermano in quel corpo, senza cercare per mezzo delle orecchie e della mente di passare piú inanzi, subito infettano gli altri sentimenti di sensualitá carnale: e questo tende all’amor bestiale. Perché, quando l’anima s’inchina e si ferma oltra misura nelle cose materiali e s’involge in quelle, perde in tutto la ragione e la luce intellettuale. Imperoché, non solo perde la copulazion divina e la contemplazion dell’intelletto, ma ancora la vita sua attiva diventa senza ragione. E però, fermandosi nella