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Tullia. Non dicevate voi pur testé che Amor non ha fine?

Varchi. Diceva.

Tullia. Ed ora non lo dite?

Varchi. Dicolo.

Tullia. Pur beato! Io cominciava a dubitare. E che quello che non aveva fine era infinito

Varchi. E cotesto ancora.

Tullia. Dunque Amore, non avendo fine, è infinito?

Varchi. Necessariamente.

Tullia. Come può adunque stare che Amore sia infinito, e che non si trovi cosa niuna infinita? Qui non credo io che bisogni troppo loica.

Varchi. Né io.

Tullia. Pur lo concederete una volta finalmente!

Varchi. Se credessi farvi piacere, farei troppo maggior cosa che questa non è.

Tullia. A me non fate voi piacer niuno in questo, anzi dispiacere; e ve ne saprei mal grado. Voi mi concereste bene, vi so dire! Ma io credo, a dirvi il vero, che, come prudente, vogliate donar quello che non potete vendere. Si che dite pure, se avete che. Veh! che vi ho saputo anch’io carrucolare questa volta, tanto che non vi è rimaso gretola alcuna da poterne uscire.

Varchi. Chi non cerca se non la veritá, non si cura di gretola.

Tullia. Ora vi ho io per uomo veridico, e che...

Varchi. Non mi abbiate ancora per questo, ché, se starete ad udire e mi vorrete rispondere, vedrete che non pur gretole sono rimase aperte, ma finestre ed usci spalancati; ed allora voglio che mi abbiate per veridico.

Tullia. Dio mi aiuti con tanto rispondere! Voi avete piú ritortole che io non ho fastella. Ma dubito questo tratto non braviate a credenza; e perciò dite quanto volete, ché io vi risponderò quanto saprò.

Varchi. Dio non è infinito?