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i - il raverta | 15 |
abbaglia il bel che mi si mostra intorno;
e s’al vero splendor giamai ritorno
l’occhio non può star fermo;
cosí l’ha fatto infermo
pur la sua propria colpa
Sí che vedete che Iddio ha fatto il tutto necessario e buono. Ma infin egli medesimo confessa che si era perduto in questa beltá terrena. Né in altro mai biasimarci il suo amore, che nell’aversi tanto fermato in questa bassa, che non levasse mai gli occhi dell’intelletto a quella celeste. Perché nel vero il suo amore fu onesto, ch’egli si contentò di vedere, di ragionare e di pascere la mente del corpo, dell’armonia e delle bellezze dell’animo di madonna Laura.
Baffa. Ditemi: quale è la beltá, la quale, tosto che noi cominciamo a porre amore ad una cosa, sí come mortali, amiamo; onde poi da quella, di grado in grado, pervegniamo alla celeste?
Domenichi. Lasciate, di grazia, ch’egli segua.
Raverta. Iddio è il sommo bello ed il tutto; onde conviene ch’egli, come creatore di niente di tutte le cose, sia quello che, avendoci dato l’essere, ne dia anco il dono della bellezza. E perch’egli è l’istesso buono o, vogliamo dir, bello, è di necessitá che, spirando tutta la bellezza, le cose che gli sono piú vicine piú ne partecipino. Come sarebbe la natura angelica, i corpi celesti, secondo i gradi loro maggiori o minori, e poi le parti delle anime nostre, ed appresso i corpi. E però l’angelo è quello ch’è il piú bello e riceve in sè la maggior bellezza; piú inferiore all’angelo sta l’anima, la quale medesimamente riceve bellezza; e dietro quella viene nel corpo.
Baffa. Tanto che il corpo è l’ultimo, e deve esser quello che meno viene a partecipar d’essa.
Raverta. Cosí è. Però, volendo conoscere la vera bellezza, è necessario di mano in mano considerarla. Prima vi s’appresenta il corpo, poi l’anima perfetta, e poi l’angelo piú perfetto; indi Iddio, causa, origine e fonte del tutto, perfettissimo. I primi che siano causa di mettere considerazione a questa