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10 scongiura mento vostro è stato tale che mi ha fatto risentire tutti gli spiriti.

Tullia. Che è quello che voi dite? Dunque sono, gli spiriti? E voi ne avete addosso? Io credeva che gli scongiuri gli cacciassero e non gli mettessero.

Varchi. Dite poi che sono io che burlo. Ma, lasciando gli spiriti a chi gli vuole e gli spiritati a chi gli può avere, ditemi : se voi foste domandata se «termino» e «fine» sono una cosa medesima, che rispondereste voi?

Tullia. Ora non intendo io giá voi.

Varchi. Dubito che questi signori non si abbiano a rider del fatto nostro, ché siamo di un paese, come dice il proverbio, e non ci intendiamo. Dico se il «termino» di alcuna cosa si può chiamare il suo «fine»?

Tullia. Non vi paia fatica darmene un essempio.

Varchi. Quando alcuno è arrivato al termino di una qualche cosa, puossi egli dire che sia pervenuto al fine di quella?

Tullia, lo vorrei un poco piú chiaro.

Varchi. Se un misuratore, misurando un campo o qualsivoglia altra cosa, sará giunto al termino di essa, di maniera che non ve ne sia piú, direte voi che egli sia giunto al fine di quella cotal cosa?

Tullia. Io, per me, lo direi; perché l’«estremo», l’«ultimo»,

11 «termine» ed il «fine» di che che sia mi paiono una cosa medesima.

Varchi. Bene avete detto. Dunque le cose, che non averan fine, non averan termino; e. per lo contrario, le cose, che non averan termino, non avcranno fine.

Tullia. A che volete voi riuscire? Non vorrei che voi mi aggiraste con tanti termini e con tanti fini.

Varchi. Voi séte oggi molto sospettosa, oltra la natura e fuori della usanza vostra. E pur sapete che, avendomi conceduto quello che è, cioè che «fine» e «termino» sia una cosa stessa, non potete negarmi quello che ne séguita necessariamente; e questo è che chi non ha fine non ha termino; e cosí per contrario. Di che avete voi paura? Che