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10 | trattati d'amore del cinquecento |
cose celesti; corruttibili, verso gli uomini, sí di maschi verso
i maschi come verso le femine, e sí delle donne verso le
donne come verso gli uomini.
Baffa. Come «cosí di uomini verso uomini, e di donne verso le donne»?
Raverta. Che? Forse ve ne maravigliate? Può essere vero e perfettissimo, mentre abbia risguardo alle bellezze dell’animo, ed è lecito; sicome diventa illicito quando tende ad altro fine.
Baffa. Ora sí ch’arei caro che mi dimostraste quando è lecito e quando si fa illecito, ed a qual partito si debbono amare le perfette bellezze.
Domenichi. Lasciate, poich’egli ha fatto la distinzione, che prima ragioni dell’amor di Dio verso noi e del nostro verso le cose celesti; e poi vi dichiarerá questo verso le terrene e piú basse.
Baffa. Questo non lodo, perché, quando egli sará infiammato di quelle cose divine ed immortali, non degnerá poi di mirare a queste umane e mortali; di maniera che questo sarebbe uno edificio senza fondamenti.
Raverta. Non vi curate, signor Lodovico, ché, tutto ch’io potessi seguire l’ordine che voi dite, io voglio però contentarla, e che di queste divisioni facciamo una scala, per la quale, di grado in grado, pervegniamo da queste cose basse e terrene a quelle alte e celesti.
Domenichi. Come meglio vi pare, ché ben veggio io che avete in animo di mostrarci che per mezzo di questa contemplazion mortale si giunge a quella sempiterna.
Raverta. Sí, spero. Avete ben compreso questa divisione?
Baffa. Non so che piú chiara; io, per me, finora v’ho benissimo inteso.
Raverta. E ciò molto m’aggrada. Lasciaremo da canto le cose inanimate, nè di quelle parleremo se non quanto ne occorrerá in qualche parte a toccarne: cosí anco le irrazionali; e parleremo delle animate razionali. Ed ora vi dirò esserci l’amor dell’uomo verso l’uomo, e medesimamente quello della donna verso la donna, il quale è desiderio di unirsi con la cosa stimata