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Lo raggio de la grazia, onde s’accende verace amor, e che poi cresce amando, multiplicato in te tanto risplende, che ti conduce su per quella scala, u’ senza risalir nessun discende.
Baffa. Bisogna però poco prezzar quel ch’ogni uom desia.
Raverta. Non è dubbio, conciosiaché quella è libidine e non amore. Però tutti gli essempi di favole e d’istorie, che avete citato, son vani; perché quei perfettamente non hanno amato, anzi lascivamente e senza freno, mossi da eccessiva libidine e da desiderio di vanamente possedere non la vera bellezza, ma l’ombra sua (percioché «ombra» si chiama il corpo), si sono ridotti a vituperoso e dannoso fine. Perché chi altro die’ ragione alla lor morte se non i suoi disonesti voleri? Si che quel non fu Amore, ma specie di rabbia e di furore. Ch’Amore è beatissimo, per esser belio e buono. La prova è chiarissima.
Baffa. Prima che passiate piú inanzi, desiderando io conoscere questo perfetto amore, avrei caro che me lo dimostraste e facestemi meglio conoscere la sua bontá.
Raverta. Quel che meglio e di piú bramate vedere ed udire, per ora mostrivi il signor Domenichi o il Betussi, il quale ragionevolmente non può molto indugiare a comparire; ché io, oggimai lasso, desidero lasciar cosí onorato peso a chi meglio di me sopra gli omeri del suo ingegno lo possa sostenere. L’ora è tarda, ed io son di maniera in tanti intrichi amorosi involto, per obbedir voi, cui non posso negare alcuna cosa, ch’io non veggo ordine come io possa con onor mio uscirne. Nondimeno, oltra lo avervi ubbidito, questo anche mi consola, che io, sendomi accorto del mio soverchio ardire e del poco valore, senza passar piú avanti, a chi piú di me vale ho lasciato l’impresa. Chiedendo a voi, al signor Lodovico e ad altri, se per. aventura alcuno altro avesse udito quanto ho tutt’oggi poco avedutamente parlato, perdono. Pregandovi a far si che quanto intorno Amore ho detto, si come giá m’avete promesso, resti tra queste mura, accioché io non diventi favola del vulgo.
Domenichi. Sia pure a me perdonato che, si come persona