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provarlo, ben poteva dire che il conoscere l’animo suo le bastava. Ma dite pure ch’ella ciò fece per levarselo dinanzi o in un modo o in un altro, perché s’avea pensato che non vi devesse andare, o che, andandovi, al tutto avesse a rimaner morto. E fu il mandar lui per il guanto come l’impresa dí lasón al vello dell’oro.
Raverta. Di grazia, lasciamo andare questa disputa, che assai se n’è detto, lo penso che costei piú tosto lo facesse per poco discorso e manco cervello, e fosse una di quelle belle semplici e senza ingegno.
Baffa. Ben vi so dire che voi e il Boldu séte d’una istessa opinione verso le povere donne; ma con tutto ciò avete di grazia della grazia loro. All’altro.
Raverta. A quale?
Baffa. Perché i leoni si rimanessero d’offenderlo.
Raverta. Che ne disse l’Ugone?
Baffa. Giudicò che gli perdonassero accioch’egli, tornando sano, facesse quella opra tanto lodevole ad essempio dell’altre villane e discortesi.
Raverta. Argutamente rispose, come fu sempre di suo costume, e, per tassar le donne, meglio non avrebbe potuto rispondere. Ma che ne dite voi, signor Lodovico?
Domenichi. Che ne so io? Per rispondere con arguzie, si potrebbe dire che Amore gli intenerí il core, accioché l’innamorato giovane adempisse il comandamento della sua ben creata giovane; o che l’improviso impeto suo gli spaventasse (che non è però credibile, essendo il leone fortissimo animale e molto ardito); e simili altre cose. Ma a voi, signor mio, che ne pare?
Raverta. Il tutto potrebbe essere; ma io per ragione stimo che lo spagnuolo fosse nato sotto il pianeta del sole, e tutto fosse solare, conciosiaché il leone teme ed ama questi tali. E che sia il vero, per attribuirsi il gallo al sole, il leone, nel primo émpito che ne vede uno, si spaventa, e questo si vede per prova. Oltra ciò, se vede uno non nòcergli, e che non sia famelico, sdegna andargli incontra, perché egli è proprio di si feroce animale il perdonare agli umili e nuocere ai superbi.