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che piu tosto si deggia amare una la quale in questa prigione (che cosí veramente posso chiamare il corpo) tenga rinchiusa una bellezza, accompagnata con quella grazia ed accortezza, piú da essere gradita ed avuta cara che tutte l’altre parti esteriori non sono. Le quali, benché cosí vermiglie e bianche non siano, essendo però accompagnate d’accortezza e da grazia, spirano tutte amore e leggiadria.
Baffa. Vedete ora, signor Domenichi, come anco le deformi hanno in loro stanza per amore.
Domenichi. Si, quando sono accorte e graziose.
Raverta. Questo s’intende sempre; perché chi volesse pigliare un mostro, che anco fosse senza alcuna grazia, sarebbe privo di giudicio. Ma divisato abbiamo ch’accompagnato sia da grazia ed accortezza, con la quale, accompagnando quella deformitá, venga a rendersi bella. E piú tosto uno, che donna simile averá per innamorata, vedendola ornata di tante altre buone qualitá, si chiamerá felice, che non fará quello il quale abbia una bella senza ingegno e senza discorso.
Baffa. Ben è vero, perché le piú volte queste semplici in loro non hanno stabilitá, discorso né ingegno alcuno; anzi sempre credono essere da tutti amate, né sapendosi reggere in amore, oprano effetti vergognosi e degni di biasimo e talora agli amanti dannosi. Come ora mi sovviene d’un dubbio proposto al cortese ed onorato gentiluomo messer Giovan Battista Pizzoni anconitano, ed a quel bell’ingegno, spirito dell’accortezze e dell’arguzie, messer Lodovico Dorfino salernitano, dal molto gentil e degno d’onore messer Prospero Sacco da Lodi, sopra questo caso.
Domenichi. Sopra quale?
Baffa. Ora dirovvelo, e vi racconterò tutta la cosa come avenne. Disse il virtuoso Sacco ch’essendo la regina Isabella in Granata con molte bellissime sue donzelle, e trovandosi a vedere alcuni leoni, fu un cavaliere spagnuolo, il quale era innamorato sommamente di una di quelle, che, per aventura, non poteva essere se non la men bella e meno cortese non solo di tutte quelle, ma di quante erano allora al mondo. Stava con parole ad aprirle il desiderio suo, ingegnandosi persuaderle
Traitali d’Amore del Cinquecento.
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