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amate, facilmente ci pieghiamo, non sostenendo di lasciar languire chi talora, e bene spesso, nel suo cuore di noi ridendo e pigliando piacere, mostra amarne. Però ben disse l’Ariosto:

Perché le donne piú facili e prone a creder son, di piú supplicio è degno chi lor fa inganno.

Domenichi. Eccovi questi versi allegati da voi in mio favore, perché l’essere piú facili a piegarvi in amore mostra la gran persuasione, che di leggiero è in ogni donna, d’essere amata. Ma che anco non siano amate, le valorose opre e le degne fatiche, che gli amanti per le amate durano, fan fede del vero. Che non vi siano anco di quei che fingono, non si può negare. Ma volgi l’ordine: quante donne sono che il medesimo e molto peggio fanno!

Baffa. È vero, ma non dirò giá io che, se oprate cose lodevoli, non le facciate piú tosto per onor vostro che per amor di noi.

Raverta. Anzi per amore, perché piú ne infiamma l’amor di piacere all’amata che non fa l’onor nostro.

Baffa. Or questo si che ho caro udire; e però non vi sia noia ragguagliarmi a pieno: qual sia maggior stimolo a virtú: desio d’onore o di piacere all’amata?

Raverta. Veramente il desio di piacere all’amata giudico maggiore.

Domenichi. Ed io tengo il contrario.

Baffa. Anch’io son dalla vostra.

Raverta. Perdonatemi, signori miei, ambidue séte in-errore.

Domenichi. Questo non crediam noi. Perché quale è la piú cara cosa ch’altri abbia? Senza dubbio, all’uomo, che si dee dire uomo, egli è l’onore. Essendo quello il piú caro, è di necessitá che anco sia quel che piú ne infiammi e spinga a desio, per mezzo della virtú, a conservarcelo; perché, perduto ch’egli è, né piú è buono, né piú osa comparire in publico.

Raverta. Questo è vero. Ma non sapete poi che l’onore vi spingerá solamente a cose possibili, dove il desio di piacere all’amata vi metterá a facende supra l’uso naturale?