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i - il raverta 7


posseggono, come di quelle che non si hanno), «affetto» è voce la quale non solo, come sua propria spezie, il desiderio abbraccia, ma ogni altra passione comprende che nell’animo nostro possa cadere; onde il desiderio, essendo solo di quello che non si ha, e l’amore, delle cose ancora che si hanno, fu di necessitá trovare vocabolo piú generale che «desiderio» non era, che l’uno e l’altro propriamente contenesse, si di quello che si possiede come di quello che non si possiede. E però m’è paruta piú acconcia questa voce. Ne segue dalle parole vostre ancora che, nascendo desiderio dalla volontá, sia però il medesimo.

Domenichi. A ciò m’acqueto.

Raverta. Se vorremo per differenza aggiungergli: «di fruire con unione la cosa stimata bella», questo non potrá cadere in generale; perché «fruire con unione» non si conviene allo amor di Dio verso noi e le cose create, ché Iddio è sommo bello e ciò ch’è di bello da lui procede; onde in lui non può cadere desiderio di fruire alcuna cosa bella. Anzi si dee dire che in lui sia affetto volontario non di fruire, ma di partecipare della sua bellezza le cose da lui create. Perché, dicendo «fruire», quasi vi fa credere questa cosa stimata bella lontana da lui. Nondimeno tutta la bellezza delle cose create, come v’ho detto, procede ed è da lui causata, non altramente che i raggi e lo splendore proceda dal sole, il cui splendore alluma le cose create e scende sopra noi, nè punto si parte da esso sole; onde, senza punto privarsi di bellezza, egli ne partecipa di quella e noi siamo i partecipati. E però, se diremo, invece di «fruire con unione», «partecipare o esser fatti partecipi», questa differenza servirá piú in generale.

Domenichi. Io v’intendo. Ma, poiché meglio vi consona questo «partecipare o esser fatti partecipi» (l’uno dei quali riferisce a Dio, l’altro a noi), lasciandovi in fine «della cosa stimata bella» questo non servirebbe alla precedente diffinizione, perché ciò che si stima bello può essere e non può. Standovi questo dubbio ed avendo questa diffinizione da servire in generale, non sarebbe propria, perché restarebbe che Iddio non avesse perfetta cognizione e potesse stimar bello quel che non è bello.