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IO

Ora i prieghi e le lagrime non ponno ritòr a Morte le sue ricche prede; ella l’ha chiusi gli occhi in lungo sonno; ma l’alma aperto, piú che prima, vede.

Non sia il languir del vostro cor piú donno, perch’egli ancora noi tormenta e fiede; e la pietá devuta ai vostri servi lungo tempo felice vi conservi.

Raverta. So che il Betussi, in quanto s’hanno potuto estendere le forze del suo ingegno, benché debile, ma animoso, ha cercato con le rime confortare si benigno, amorevole ed onorato signore, desiderando con merite lode far immortale il nome di questa giovane, da si gentil signore, piú che se stesso, amata ed avuta cara. Almeno queste stanze rimarranno come testimonio della sua morte qualche giorno, fin che le lingue de’ maligni, accordate col tempo, saran cagione di donarle all’oblio. Ma resta chesi segua l’ordine dell’istoria incominciata e quasi scordata.

Domenichi. Si, chi sapesse ritornare sul camino; ché troppo sono uscito di strada, con tanti essempi e tanti versi.

Baffa. Mi ricordo ben io che dicevate che il popolo lodava Iddio ch’avesse liberato il re dell’amor che portava a colei morta.

Domenichi. È vero. Ma che tutto l’amore, ch’a costei dianzi portava, si rivolse verso quel vescovo, il quale incominciò tanto ad amare, che senza lui non poteva vivere né dimorare;...

Raverta. So che si dovea vedere impacciato.

Domenichi. ...né piú inanzi né piú indietro faceva di quel ch’egli voleva. Laonde, vedendo il buon cherico che perciò molto era odiato dai sudditi, ai quali pareva non Carlo, ma lui esser re di Francia e regger lo impero, e sapendo molto bene qual fosse la invidia delle corti, deliberò non tenere piú appresso di sé quella pietra, avendo per fermo che avesse in sé grazia di fare amare chi seco la tenesse. E cosí gettolla