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Baffa. Alle volte bisogna guardarsi cosí delle visioni, come dei pronostichi fatti a caso, perché non può nuocere, ma non però dargli fede. Perché anco a caso, che che se ne sia cagione, si veggono spesse volte esser predette delle cose che tornano vere. E, benché di ciò vi potessi addurre molti altri essempi, tutti gli lascerò, per dirvi un caso solo, occorso pochi mesi sono in Roma alla signora Adriana dalla Roza, la quale, essendo sana e lieta ed andando a piacere per la cittá veggendo quelle cose antiche, occorse che si portava a sepellire un corpo nella Traspontina, lá dov’ella per aventura era e n’usciva fuori. E, con maraviglia risguardandolo cosí fermata, o pure scherzando, come si fosse, disse uno di queicherici: — Signora, non vi maravigliate, ché tosto cosí sarete in questa chiesa portata ancora voi, e diverrete quale è questo corpo. — Se ne rise ella, ma due giorni poi, aggravata da una febre lenta, cadé inferma di maniera che in quindeci giorni se ne mori. Ed ivi, come quel prete le pronosticò, fu sepolta.
Domenichi. Questa è quella signora per la quale il Betussi fece quelle stanze ch’egli mandò al signor Vicino Orsino, consolandolo nella sua morte?
Baffa. È vero.
Raverta. Di grazia, signor Lodovico, lasciatemele vedere.
Domenichi. Non le ho in iscritto, ma quando partirem di qui ve le recitarò.
Raverta. Non interrompete l’ordine, ora che siamo in questi mesti ragionamenti. Recitatele.
Domenichi. Farollo. Cosi incominciano:
i
Signor, poi che gli affanni e i piacer vostri, onde il cor mesto e l’alma allegra avete, di ragion sono, e debbono, esser nostri, perché di noi la miglior parte séte, non piú tanto dolor in voi si mostri, ma da miglior consiglio in voi s’acquete, acciò che il mondo mirando vi goda, e vi dia d’ogni onor la prima loda.