Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/122

Raverta. Anzi si. Non si legge medesimamente di Simonide, il quale, avendo veduto un corpo morto giacere sopra la terra non sepolto, mosso a compassione lo fe’ sepellire? E, avendo in animo di fare un passaggio per mare con una nave, fu avisato da quello spirito, ricordevole del beneficio, che non dovesse andarvi, perché v’annegherebbe? E cosí lasciò d’andarvi. Onde la nave, partitasi, ruppe ad uno scoglio, e, quanti in essa erano, miseramente affogarono.

Domenichi. Se la moglie di Talano di Molese avesse creduto al sogno del marito, il lupo non le avrebbe squarciato tutto il viso e la gola.

Raverta. Veramente i sogni, per lo piú, vengono a contenere in sé spezie vera di cosa ch’abbia a venire, chi ben vi mira. Come anco si legge di Faraone, il quale, sotto il sogno delle vacche, previde i sette anni d’abondanza ed i sette di carisma. Onde, interpretato che gli fu da Giuseppe, puoté rimediarvi.

Domenichi. Non è dubbio che spesse volte, sognando, si preveggano di molte cose, che poi vengon vere. Come anco si vede, per essempio, nell’ Inferno di Dante del conte Ugolino, ch’essendo in prigione, sognandosi, vide quella orribil visione, onde vide poi morirsi i figliuoli dinanzi, per la fame astretti a dirgli:

... Padre, assai ci fía men doglia se tu mangi di noi ; tu ne vestisti queste misere carni, e tu le spoglia.

Baffa. Che sogno fu il suo?

Domenichi. Leggetelo e consideratelo quando dice:

Breve pertugio dentro da la muda, la qual per me ha il titol de la fame, e ’n che convien ancor ch’altrui si chiuda, m’avea mostrato per lo suo forame piú lume giá, quand’i’ feci ’l mal sonno, che del futuro mi squarciò il velame.

E ciò che segue, onde narra il sogno e la crudeltá dell’arcivescovo Ruggieri.