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Raverta. Senz’altre novelle, quale piú vera visione fu mai di quella dei due amici d’Arcadia? L’uno de’ quali vide il compagno morto e medesimamente nascosto da colui che l’avea ucciso, non altrimenti che se vi fosse stato presente.
Domenichi. È pur troppo nota, però la voglio lasciare.
Baffa. Benché gli altri la sappiano, giá non la so io.
Raverta. Lasciate ch’egli prima fornisca di dir la sua.
Baffa. Questo non voglio io: ditemi prima la vostra, poiché ella viene cosí bene in proposito.
Domenichi. Ditela, vi prego, ché ben seguirò poi quel che mi resta.
Raverta. Si legge che questi due amici erano andati ad una cittá, chiamata Megara, per alcuni suoi affari insieme. Accadde che l’uno d’essi andò alloggiare a casa d’un suo amico, l’altro all’osteria. Ed essendo ogniun di loro all’albergo suo andato a dormire, quel ch’era alla taverna apparse in sogno a quell’altro, domandandogli aiuto contro l’oste, il quale voleva tórgli la vita. Onde questi, svegliatosi tutto pien d’affanno, vedendo aver sognato e credendo il sogno vano, non si mosse punto, ma ritornò a dormire. Apena ebbe chiusi gli occhi, che di nuovo gli si offerse l’amico, mostrandogli le ferite sue e pregandolo, poiché non avea voluto soccorrerlo vivo, eh’almeno volesse vendicarlo morto e non volesse patire che tanta crudeltá restasse impunita. Ch’egli era stato ucciso dall’oste, e gettato sopra un carro coperto poi di letame, e che la mattina, sotto tale coperta, sarebbe stato condotto fuor della cittá; e però, se per tempo non gli rimediava, che invano poi s’affaticherebbe. Onde, la seconda volta desto, e per tal visione tutto smarrito, la mattina per tempo si levò di letto, ed, andatosene verso l’osteria, vide il carro carico. E, domandando chi lo guidava di ciò ch’era sotto quel letame, egli subito spaventatosi se ne fuggi. Cosi, scopertolo, vi trovarono il corpo del suo compagno morto. Onde, pigliato l’oste e fattogli confessare com’era il vero, gli furono date le debite pene.
Baffa. Alcuni non voglion poi che le visioni siano vere e che lo spirito d’un morto non tenga piú memoria di niente!