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R a verta. Non voglio; ch’io non vorrei talora che, per parere da qualche cosa anch’io, facessi mostra di volerlo tassare, ché, a fé mia, questo non ho in animo.

Domenichi. Ad ogni modo, tra noi si può dir tutto. Raverta. Dirowi: nel diciottesimo canto mostra che Zerbino e Lurcanio amazassero Balastro e Finaduro, lá dove dice:

Non men Zerbin, non men Lurcanio è caldo: per modo fan, ch’ogniun sempre ne parli.

Questo di punta avea Balastro ucciso, e quello a Finadur l’elmo diviso.

Ma poi, nel quarantesimo canto, in quella stanza ch’incomincia:

Venne in speranza di lontan Ruggiero,

senza avervi posto mente, fa che Balastro sia vivo, dicendo che Ruggiero riconobbe

il re di Nasamona prigionero,

Bambirago, Agricalte e Farurante;

Manilardo e Balastro e Rimedonte, che, piangendo, tenean bassa la fronte.

Onde notano questo per errore.

Domenichi. È pur errore: si ha contradetto.

Raverta. Non affermo che stia bene; ma giudico che sia stato per inavertenza, benché potrebbe essere che questo Balastro fusse un altro, e non il primo. E però vi dico ch’anch’io temo di non mi contradire, e poi vogliate darmi su la voce.

Baffa. Seguite pure, ché non guardiamo noi cosí pel sottile. Domeniche Non so che dirmene. Questo sarebbe di vostro ufficio, perché séte atta, senza altre ragioni, per prova, in due sole parole a mostrarne il vero. Dove, se ben tutto oggi io m’affaticassi, indarno lo farei per esser vostra impresa.

Baffa. Se io volessi dire quel ch’io ne sento, non ne ricercherei il parer vostro.

Domenichi. A me pare (benché un poeta, il quale ampiamente ha scritto d’Amore, non voglia che la donna incominci a innamorarsi prima che di trentacinque anni), che tanto non