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è necessarissimo, ma non di maniera che abbia da convertirsi in gelosia. Che Amore poi non sia anco con gelosia, non è da dubitare; ma è amore sfrenato, amore piú tosto degno d’esser chiamato «furore». Perché, s’uno amante vive nell’altro e sono ambidue una istessa alma ed un medesimo volere in due corpi, a che infettare gli animi di gelosia? La quale fa piú tosto odiare la cosa amata che continuare ad amarla. Si che io conforto ciascuno a fuggirla, e mi risolvo che il perfetto amore non solamente possa essere senza gelosia, ma che di necessitá vi debba essere. Lodo bene e voglio che una spezie di lieve timore, accompagnato da riverenza, dimori negli amanti.

Baffa. Ma che ne dite voi, signor Lodovico?

Domenichi. Io mi rimetto a quanto dal signor Raverta è stato concluso.

Baffa. Ma ditemi per vostra fé: chi piú merita esser amata: una donna timida o una ardita?

Domenichi. Senza dubbio la timida, perché giá buona pezza abbiamo detto e concluso che piú ami l’amante timido che l’ardito; ed ora, che la téma sia necessaria in amore. E però giudico che piú sia d’amare una persona timida, perché piu vero e piú stabile è l’amor suo. La paura ancora genera, per cosí dire, secretezza, rende gli animi piú conformi, conciosiaché una persona ardita sfoga piú le fiamme cocenti e meno dura in ardore. Oltra che, per lo piú, l’ardire non nasce d’amore, ma da infiammata libidine, come si può considerare dall’amore della moglie del figliuolo del re di Francia verso il conte d’Anguersa. Però giudico che piú tosto s’abbia d’amare una alquanto timidetta, perché l’ardimento non dá segno di perfetto amore, ma d’immoderato e sfrenato desiderio.

Baffa. Non debbono anco essere amate le donne ardite?

Domenichi. Questo non si vieta ad alcuno, ma si ragiona quale sia piú da coinendare e d’amare. Però vi dico che meglio mi pare la timiditá per rendere piú ardente e piú vero l’amore. Perché il timore di continuo accresce conformitá nelle voglie degli amanti; ché cosí di leggiero l’un dall’altro non si

muove.