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giudico che sia maggior potenza. E dirò sempre eh’è maggiore sforzo quel d’Amore, se fa l’amante di savio pazzo, che se lo rende di pazzo savio. Perché è piú suo proprio d’elevar le menti che d’abbassarle. E però, se avviene la pazzia in uno che sia savio, per conto d’Amore, dirò essere questa sua maggior possanza. Ma la comune e volgar gente dirá sempre esser maggior miracolo, se rende l’uomo di pazzo savio; nondimeno l’uno e l’altro è di suo potere. Appiglisi l’uomo e la donna a quel che meglio gli pare.

Baffa. Veramente anch’io son quasi contraria a voi, e dirovvi la causa ed una ragione che quasi non ha risposta. Non dite voi che tenete che sia maggior miracolo che faccia l’uomo di savio pazzo?

Raverta. Si, dico.

Baffa. Ascoltatemi dunque. Non si tien per miracolo quello che piú di rado avviene? Direte che si. Dunque, essendo maggior cosa quella che piú di rado accade, piú raro si vede l’uomo pazzo diventar savio in Amore, perché infiniti si leggono uomini e donne aversi dato morte per Amore. Il darsi da se stesso la morte non credo giá che sia lodevole; non essendo lodevole, è tenuta cosa biasimevole; ed essendo degna di biasimo, è da vituperare. Onde è piú tosto grave pazzia che altro. E, occorrendo questo spessissime volte negli acciecati d’Amore, tengo che sia maggior miracolo se fa di pazzo l’uomo savio.

Raverta. Col medesimo vostro argomento voglio confondervi. Non dite che si sono veduti e si veggono infiniti, in altro savissimi, che nell’amor sono stati pieni di pazzia? E chi ha operato una cosa ed un’altra, dannosa fino a se medesimi, non pure ad altri, di maniera che contro se stessi ancora spesse volte hanno rivolto il ferro, ...

Baffa. E verissimo.

Raverta. ... perché si notano per essempio e se ne fa memoria?

Baffa. Accioché gli altri aprano meglio gli occhi.

Raverta. Non è vero: anzi perché sono piú rari che quelli che diventano, amando, savi. E, si come sono piú quelli che