Ma delle prove, delle molte gesta
che quest’uomo compiea, dirne anche poche
non ti saprei. Ti basti ciò: fra quante
gare bandiron gli arbitri, di tutte
i premi riportò, n’ebbe l’onore;
e, proclamato insieme Argivo, e Oreste,
d’Agamènnone re figlio, che un giorno
le celebri adunò schiere de l’Ellade,
quel giorno andò cosí. Ma, se vuol nuocere
un Dio, nessuno, e forte sia, gli sfugge.
Il dí seguente, al sorgere del sole,
c’era dei carri il pie’ veloce agone;
ed ei con molti guidatori entrò.
Uno era Acheo, di Sparta un altro, due
Libii, maestri di quadrighe, Oreste
quinto venia, con due cavalle tessale,
con fulvide puledre sesto un Etolo,
settimo un uomo di Magnesia, ottavo
un d’Enia, e avea cavalli bianchi, il nono
un uom della divina Atene: il decimo
carro guidava un di Beozia. E stettero,
e disposero i cocchi ove la sorte
volle che tratta avean gli arbitri; e come
suonò la bronzea tromba, si slanciarono,
e, i cavalli eccitando, a un punto scossero
le briglie; e pieno fu tutto lo stadio
della romba dei carri e dello strepito.
E volava la polvere alta, ed erano
tutti commisti, né riposo ai pungoli
alcuno dava, ché voleano correre
oltre le ruote, oltre gli equini sbuffi:
ché, spumeggiando, dei cavalli gli aliti
colpiano i dorsi, e delle ruote i cerchi.