Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) III.djvu/44

666-688 ELETTRA 41

spinta dall’odio, con malvagia lingua,
per tutta quanta la città non semini
stolide ciance. Ascoltami cosí
come io parlo, di furto. Le fantasime
ch’io questa notte, o Licio Sire, vidi,
d’ambigui sogni, se fortune annunciano,
avverale per me: se infeste sono,
sui miei nemici tòrcile; e se c’è
chi con la frode rovesciar mi vuole,
dalla dovizia d’ora, non concederlo,
ma fa’ che sempre viva e sempre immune,
io degli Atrídi e reggia m’abbia e scettro,
con gli amici fra cui vivo or, felice
vivendo, e con quei figli onde mai cruccio
né doglia io m’ebbi ancora. O Licio Apollo,
ascoltami benigno, e quanto imploro
a noi tutti concedi. Ogni altro voto
mio, sebbene io l’abbia taciuto, giudico
che tu, Nume qual sei, bene lo intenda:
di Giove i figli io so che tutto veggono.
Durante le ultime parole di Clitemnestra, rientra l’aio, travestito da messaggero.
aio
Donne, potrei saper di certo se
questa è la reggia del tiranno Egisto?
corifea
Ben t’apponesti, o stranïero: è questa.