Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) III.djvu/179

176 SOFOCLE 1104-1122

VECCHIO
Figlio di quest’eroe, quest’opera forze richiede
piú che le mie non sono. Tu reggilo: forse la vista
tua, piú che l’opera mia giovargli potrà.
ILLO
                                                            Sí, lo assisto;
ma piú non sarà mai che in patria né fuor della patria
provi la vita mia tanto strazio. Oh volere di Giove!
ERCOLE
Strofe III
Dove, dove mai, figlio,
sei tu? Di qui, su questo fianco levami,
alleggerisci la mia pena. Ahi, Dèmone!

Antistrofe II
Di nuovo, ecco, m’assale, maledetto, m’assale
il selvaggio, l’indomito male
che mi sterminerà.
Pàllade, Pàllade, ancora mi lacera il morbo! — Pietà
abbi di chi la vita, figliuolo, ti diede! La spada
sotto la gola a me vibra. Il colpo innocente sarà
farmaco al male onde l’empia tua madre m’ha stretto al martirio
folle. Cosí, cosí, come pur m’ha distrutto, ella cada.

Antistrofe III
O dolce consanguineo
di Giove, Ade, fa’ ch’io soccomba. Un rapido
fato fa’ tu che strugga questo misero.