Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) III.djvu/165

162 SOFOCLE 881-898

ei muggía fra gli spasimi. E qui vivo
lo vedrete ben presto, o appena estinto.
Ecco l’infamia, onde tu, madre, sei
condro il padre convinta; e l’hai tramata
e compiuta; e la pena a te Giustizia
vendicatrice, a te darà l’Erinni.
E, se lecito m’è, che avvenga io m’auguro.
E lecito è; diritto a me ne desti
quando il miglior fra quanti uomini vivono,
né l’ugual piú vedrai, ponesti a morte.
Senza pronunciare una sola parola, Deianira si precipita
entro la reggia.

CORIFEA
Fuggi e non parli? Perché mai? Tacendo,
con chi t’accusa, tu te stessa accusi.
ILLO
Lasciatela che vada; un vento prospero
la incalzi, mentre essa lontano va
dagli occhi miei. La dignità del nome
di madre, a che serbar, se in nulla adopera
come una madre? Vada ove le piace:
la gioia abbia che al padre essa largí.