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LE TRACHINIE 111

E ciò, perché si dimostra pessimo marito: pessimo perché tradisce, senza discrezione, la impareggiabile Deianira, e perché, quando viene a sapere la fondamentale innocenza della povera donna, non si affretta a ritirare tutte le imprecazioni e le ingiurie, veramente epiche, che ha scagliate contro di lei, quando la credeva colpevole volontaria. «Non esisteranno molti spettatori — chiede il Jebb — che, assistendo agli spasimi di Ercole, rimarranno relativamente freddi?»

Certo che esisteranno; e, fra gli altri, ne esiste uno che da lungo tempo ha diritto alla proedria, Ulrico von Wilamowitz Moellendorf. Ma saranno per l’appunto quelli che presumono giudicar la tragedia con la psicologia di Taddeo. Il che non si può, per la contraddizion che nol consente. Lo so, per il loggione sarebbe stato molto opportuno che Ercole ritrattasse le contumelie lanciate contro l’eroina, sua legittima consorte. Se non che, le ritrattazioni non hanno mai fatta una gran figura tra le evocazioni eroiche e le magnanime apostrofi. E poi, volontario o involontario, è davvero impagabile il servizio che la brava donnetta ha reso al suo consorte seminume.

La condanna di simili metodi è implicita nelle parole in cui il Masqueray, rincarando sul Jebb, precisa meglio il suo «punto di vista». «Ercole — egli dice — incarna un elemento eroico che oggi fa un’assai magra figura di fronte a Deianira, la quale incarna un elemento assai piú umile, quello della virtú domestica. Senza dubbio, non lesiniamo la nostra ammirazione all’eroismo, massime se intermittente (impagabile, questo eroismo intermittente, come la terzana); ma quando si prolunga, turba la nostra tranquillità, e noi diciamo che la virtú quotidiana d’una Deianira non è inferiore, tutt’altro, alle clamorose gesta d’un Ercole».

Non c’è da apporre: è questione d’apprezzamento. Però,