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108 SOFOCLE


Davvero, non è piccolo elogio. E il Jebb soggiunge che dinanzi a tale figura rimane eclissata, in secondo piano, quella di Ercole che pure, nel sentimento comune, giganteggia nella seconda parte come il Farinata dantesco dalla sua tomba di fiamme.

E se, d’altra parte, ci voltiamo ad ascoltare il Campbell, ci sentiamo affermare che, dal lato della struttura, le «Trachinie» reggono il confronto con le piú grandi tragedie di Sofocle. E allora, non sappiamo quasi piú a quale altezza levar gli occhi per esser degni di contemplare tanto capolavoro. Ma sempre piú profondo vaneggia l’abisso fra questi giudizi entusiasti e gli altri che culminano nella demolitrice negazione dello Schlegel o del Bergk.

Vediamo se c’è modo di gittare un ponte.

È certo che il piano delle «Trachinie» differisce molto da quello degli altri drammi di Sofocle.

Per cominciare, qui non esiste alcun contrasto. Scene che si prestassero ad urti di passioni se ne potevano trovar nel soggetto quante se ne volevano: Deianira-Iole, Ercole-Deianira, Ercole-Illo. Ma Ilio si piega quasi súbito alla volontà del padre, che pur gl’impone l’odioso obbligo di sposare Iole: Deianira si uccide prima dell’arrivo d’Èrcole; e Iole non apre bocca.

Mancando i contrasti, durante tutta la prima parte rimangono sempre di fronte Deianira da una parte, e dall’altra, o il coro in funzione di confidente, o persone che giungono a narrare quanto è avvenuto fuori della scena. Quindi, l’azione va avanti a forza di confidenze e di racconti.

Cosí avviene che si esponga una quantità di materia mitica, con una abbondanza e una fedeltà non abituali in Sofocle, sino a particolari odiosi, ed inutili nella economia del dramma, come le nozze di Iole con Illo.

in complesso, dunque, abbiamo una tragedia di tipo epico-