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812-842 EDIPO RE 57

tratto da due puledri. E dalla via
l’auriga, e il vecchio istesso, fuor mi gittano
a viva forza. Per lo sdegno, allora
815batto l’auriga. E il vecchio, còlto il punto
ch’io passo accanto al carro, ben due volle
in mezzo al capo mi vibra il randello.
Altro riscosse ch’ei non die’. Colpito
da questa mano con la mazza, súbito
820s’avvoltolò rovescio a mezzo il cocchio;
e tutti gli altri stermino. Or, se Laio
e lo straniero son tutt’uno, chi
piú misero di me, piú inviso ai Numi?
Niuno dei cittadini e niun degli ospiti
825può ricevermi in casa o favellarmi,
ma mi deve scacciare. E lo scongiuro,
io, non già altri, contro me lanciai:
io, con le mani mie che gli diêr morte,
il letto dell’ucciso ora contamino.
830Oh! non son dunque un tristo? Oh, quale macchia
non è su me? Fuggir devo, e, fuggiasco,
veder non posso i cari, avvicinarmi
alla patria non posso; o in nozze unirmi
devo con la mia madre, e il padre uccidere.
835Oh! Chi dicesse che tal sorte è l’opera
d’un Dio crudele, sbaglierebbe ei forse?
Ah, ch’io non vegga, oh reverenza somma
dei Numi, ah, ch’io non vegga un giorno simile!
Via sparisca dal mondo, anzi ch’io scopra
840di sciagura su me macchia sí turpe!
corifeo
Di ciò che dici, o re, siamo sgomenti;
ma sin che giunga quei che vide, spera!