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ANTIGONE | 289 |
nozze mai non saranno, ch’io pregevoli
piú della tua sicura guida reputi.
creonte
710Ecco! Cosí bisogna aver disposto
l’animo, o figlio: ai mòniti paterni
ogni cosa posporre; e perciò gli uomini,
quando figliuoli han generati, s’augurano
obbedïenti nella casa averli,
715sí, che nei guai rintuzzino il nemico,
e al par del padre onorino l’amico.
Ma chi genera invece figli inutili,
dirai che procacciò travagli a sé
stesso, di scherno appiglio ai suoi nemici.
720Mai la lusinga del piacer di femmina
di senno uscire non ti faccia, o figlio.
Freddo, sappi, è di femmina l’amplesso
che sia trista compagna del tuo talamo:
piaga peggior non c’è d’un tristo amore.
725Sputa su lei come nemica, lascia
questa fanciulla che qualcuno sposa
l’abbia in Averno: ch’io palesemente
l’ho còlta, mentre, sola ella fra tutti,
tradiva la città: né innanzi a Tebe
730sarà ch’io manchi alla parola mia;
bensí l’ucciderò: canti di doglia
levi ella pure a Giove consanguineo.
Ché se i parenti miei vivere io lascio
senza piú freno, che faran gli estranei?
735Se giusto è un uom nella sua casa, giusto
se governa lo stato anche sarà;
ma chi le leggi tracotante viola,
e vuole ordini imporre a chi governa.
Sofocle - Tragedie, II - 19