ché a niun di questi cittadini io dirlo 1615potrei, non alle figlie, e tanto l’amo.
E sempre tu serba il segreto, e svelalo,
quando giunga il tuo fine, al primogenito,
e questi al successor, sempre. Cosí
questa città, senza timor degli uomini 1620seminati da Cadmo abiterai:
ché il piú delle città, quando anche saggio
il reggitor ne sia, rompono spesso
a tracotanza. Ma gli Dei, pur tardo,
bene veggon però, chi le divine 1625leggi disprezza, ed a follia s’appiglia.
Tu questo non farai, figlio d’Egeo.
Ma io precetti insegno a chi li sa.
Ma del Nume il segnale ora m’incalza:
si vada al luogo, non s’indugi piú. 1630Qui seguitemi, o figlie: io vostra nuova
guida sarò, come voi foste al padre.
Venite. Non toccatemi. Lasciate
ch’io da me trovi la mia tomba sacra,
dov’è destin che me la terra asconda. 1635Qui, movete per qui: ché qui mi guidano
il nume Ermète e la Regina inferna.
O luce, che per me piú non brillavi,
eppure, mia potei sinora dirti,
or per l’ultima volta il corpo mio 1640ti sfiora; ch’io di mia vita l’estremo
repo, a nasconder sotto l'Ade. E tu,
degli ospiti il piú caro, e questa terra
e i tuoi ministri, siate ognor felici;
ed il pensiero, poi ch’io sarò spento, 1645nella vostra ventura a me volgete. Parte con Teseo.