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1341-1367 EDIPO A COLONO 207

squallida, è casigliana al corpo affranto,
e gli macera il fianco; e sopra il capo
orbo di luci, s’agita la chioma
che non conosce pettine; ed affini
1345a tai miserie, gli alimenti, certo,
del suo misero corpo; e troppo tardi,
tristo fra i tristi, io me n’accorgo. Il pessimo,
poi che a te non provvidi, io son degli uomini;
non dimandarlo ad altri: io lo confesso.
1350Eppur, di Giove presso al trono, siede
per ogni errore la clemenza: segga
anche vicina a te. Purgar si possono
i falli miei; ma non potranno crescere.
Edipo rimane muto, e distoglie il viso.
Taci? Perché?
1355Padre, un accento sol: da me non torcere
il viso tuo. Nulla rispondi? Muto
mi lascerai partire, e senza onore,
senza dirmi il perché dell’ira tua?
O di quest’uomo germi, o mie sorelle,
1360tentate voi, di schiudere del padre
le taciturne labbra inaccessibili,
ché senza onore me, d’un Nume supplice,
ei non rimandi, e senza una parola.
antigone
Tu stesso di’ per che ragione, o misero,
1365qui sei venuto; ché i discorsi lunghi,
sia che allegrino, offendano, o commuovano,
anche chi tace a favellare inducono.