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108 SOFOCLE

Se ne intravvede prima il carattere misterioso. È un bosco inaccessibile, dove i terrazzani passano senza guardare né pronunciare parola, perché è sacro alle Eumenidi. Nei suoi misteriosi anfratti sgorga una fonte sacra alla celebrazione di arcani riti, di lustrazioni compiute con acqua e miele, senza vino. Presso alla sua scaturigine, sono brocche apposite, di opere di egregi artefici».

Inoltrandosi anche piú, la via piomba in un burrone, ove s’apre l’accesso ad una misteriosa caverna: la scala che vi si inabissa, ha gradini di bronzo. A questa caverna fanno corona molti sentieri; e in uno d essi si vede ancora il vetusto cratere su cui Teseo e Piritoo strinsero un patto d’alleanza. E, qui presso, un tumulo di marmo, una rupe leggendaria, e un antichissimo pero selvaggio dal tronco incavato.

Questo è il lato orrido, a cui si accenna qua e là in tutto il dramma. Ma poi, proprio al centro dei tragici eventi, come una rosa di fuoco in mezzo al fitto intrico del cupo fogliame, si schiude una meravigliosa pittura, che, varcando di secolo in secolo, sembra vivificar sempre i suoi colori. È la boscaglia che coi suoi incanti circonda e maschera gli àditi paurosi. Su tutti i tronchi corrono i ramicelli e le foglie purpuree dell’edera. Dai rami pendono innumerabili pomi. Al suolo corrono fonti errabonde, che mai non iscemano d’acqua; e dalla terra che esse irrorano, si levano, a mille a mille, i grappoli del narciso, del fiore cantato con tanta esaltazione nell’inno omerico a Demetra.

Posta nel cuore della tragedia, questa flora mirabile piove le sue ombre, effonde le sue fragranze per tutte le sue parti. E allacciandosi, da un lato, nei brevi accenni d’Antigone, alle prime battute, dall’altro, con la narrazione dell’araldo, al fine, compone a tutti gli episodi una mirabile cornice silvestre, da cui la tragedia riceve un singolare vaghissimo carattere.

Il medesimo senso pittoresco che anima il paesaggio, ispira