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vivere deve con onore, o scegliere
morte onorata: altro da dir non ho.
coro
Niuno potrebbe dir che sian d’accatto,
queste parole: tue son proprio, Aiace.
Ma doma pur la passïone, cedi
agli amici, da te scaccia le angustie.
tecmessa
Della fatalità non c’è per gli uomini
male peggiore, Aiace re: da libero
padre io son nata, e che potea tra i Frigi
di ricchezza su tutti; e schiava or sono:
ché cosí piacque agli Immortali, e massime
al braccio tuo. Ma poi che ascesi il talamo
tuo, di te mi do cura, e, pel custode
del focolare Giove, e per il talamo
con te partecipato, io ti scongiuro
che tu non voglia sofferir che in mano
d’alcun dei tuoi nemici io cada, e debba
l’oltraggio udirne. Ché, se tu morissi,
se tu sparissi e mi lasciassi, credilo,
quel giorno stesso, io dagli Argivi, a forza
tratta sarei, col figliuol tuo dovrei
mangiare il pan del servo. E, flagellandomi
con le parole, aggiungerebbe alcuno
dei miei padroni, questi detti amari:
«Ecco d’Aiace, sommo già nel campo
per valor, la compagna, invidïata
quanto, una volta, or divenuta schiava».