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8 | SOFOCLE |
ravveduto1, accresce la sua inflessibilità. Insomma, non ha nulla ancora della duttilità, e, in conclusione, della maggiore umanità che caratterizza i personaggi sofoclei. Ha la perfetta immobilità psicologica dei personaggi d’Eschilo2.
E accanto agli arcaismi, appaiono frequenti nell’Aiace anche le novità, le caratteristiche della nuova drammaturgia sofoclea.
Nei caratteri, innanzi tutto.
Ulisse, che, dopo la morte d’Aiace, depone ogni ira contro il suo feroce nemico, e, pure in contrasto con Agamènnone, ne assume la difesa, e Teucro, che, a sua volta, non s’irrigidisce nell’odio, e riconosce di buon animo la generosità di Ulisse, sono due esempi della maggior duttilità psicologica caratteristica dei futuri personaggi di Sofocle. Ma sofoclea è soprattutto Tecmessa, che per la sua dolcezza e la inalterabile pazienza, tanto si avvicina a Giocasta e a Deianira, quanto si allontana dalle viragini di Eschilo.
Poi, nella disposizione della materia drammatica. Dopo l’esposizione degli antefatti seguita nelle prime scene, lo spettatore vede Aiace disperato, e lo ode esprimere funesti propositi. Ma ecco, dopo una breve assenza, ricompare, e dichiara di essersi ravveduto, di voler placare i Numi e far atto di soggezione ad Agamennone, e, in genere, ai più potenti. E si allontana, per offrire un sacrificio ai Numi, non senza lasciare nel nostro animo un lievito di dubbio e di timore.
Ma il coro non partecipa i nostri dubbi. Crede senz’altro
- ↑ Ai nostri giorni, da un filosofo, fu creduta espressa sul serio, e fu lodata come savia, la massima che bisogna trattare gli amici come se un giorno potessero diventare nemici. Ma è ben chiaro che secondo Aiace è massima ribalda. Come, d’altronde, è certo che, quando scrisse questa tragedia, Sofocle doveva essere penetrato della sua amara verità. Perché anche Ulisse, nel suo dibattito con Agamennone dice: «Molti ora cari, diverranno amari».
- ↑ Vedi il mio Teatro greco, pag. 66 sg.