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SOFOCLE xvii

che quasi ad ogni scena la disposizione delle loro anime deve mutare. Dalla psicologia statica di Eschilo, siamo qui ad una psicologia intimamente dinamica. Cosí la essenza medesima della drammaturgia è profondamente mutata. Obbietto suo principale non sono piú le visioni sceniche, bensí le passioni e i sentimenti dei personaggi. L’azione è nell’animo di questi, e non piú sulle tavole sceniche. Questa è la formula, in questo risiedono il carattere specifico, la grandezza, il fascino, la perenne attualità dell’arte di Sofocle.

Ciascuno vede gl’immensi vantaggi, le possibilità e la fecondità di questa nuova concezione psicologica. Ma accanto ai grandi vantaggi essa presentava un lato che conduce alla alterazione, e, in ultima analisi, alla decadenza del dramma tragico.

Questa mobilità degli spiriti, frangendo la rigida unità arcaica, dava luogo ad una molteplicità nella quale trovarono adito alcuni sentimenti meno solenni, piú comuni e abituali.

Per esempio, nell’«Antigone», l’amore di Emone per la cugina, espresso con qualche colorito che oggi si direbbe romantico. Queste venature rendono piú umani i personaggi, li avvicinano di piú a noi. Ma, una volta intaccata la compattezza del metallo tragico, era vicino il pericolo, né Sofocle seppe evitarlo, di abbassare gli eroi tragici dalla ideale altezza su cui li aveva collocati Eschilo.

Esempio massimo, la Deianira delle «Trachinie». È, non si nega, una brava donna; ma una brava donna non è un’eroina; e il dramma in cui essa appare, decade dall’altezza tragica. E questa umanizzazione dei caratteri, i cui frutti piú visibili sono, oltre a Deianira, Ismene, Crisotèmide, Tecmessa nell’«Aiace», e. in fondo, anche Giocasta del-