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SOFOCLE xv

compie, almeno di proposito, questo lavoro di selezione e di esaltazione. Dico di proposito. Perché, quando un personaggio abbia nel mito una posizione preminente, allora giganteggia anche nel dramma. Ciò avviene nel «Prometeo». Ciò avviene nella «Orestèa», dove la figura di Clitennestra si leva colossale sopra tutte le altre.

Ma l’«Orestèa», non conviene dimenticarlo, fu rappresentata nel 458, quando Sofocle aveva già da 10 anni fatto rappresentare trionfalmente il suo «Trittolemo»; e il «Prometeo» deve cadere intorno al 466. Non è inverisimile che il grande d’Eieusi sentisse in qualche modo l’influsso del suo giovine ma genialissimo emulo.

E, viceversa, è facile rilevare che nelle «Supplici», nei «Persiani», e perfino nei «Sette a Tebe», manca un vero e proprio protagonista. Questo atteggiamento è, in certo modo, rispecchiato anche dal titolo dei drammi d’Eschilo, che piú di frequente sono desunti dai personaggi del coro (Supplici, Persiani, Coefore, Le Eumenidi; e, fra i perduti, Gli Edòni, Le Bassàridi, Gli Argivi, Gli Eleusini, Le Fòrcidi, Le Arciere, Gli Psicagoghi, Gli Spettatori dell’Istmo).

I drammi di Sofocle, al contrario, derivano il titolo da uno dei personaggi. E questo ha nel dramma vera e propria entità di protagonista. Sofocle, assunti gli elementi del mito, li modifica secondo le proprie vedute. E tra queste è che tutta la materia deve culminare verso uno principalmente dei personaggi, che sia per gli altri come un centro di gravitazione, e che balzi al primo piano, con fortissimo rilievo: cosí Aiace, cosí Filottete, Elettra, i due Edipi, Antigone. Unica eccezione fanno, si pel titolo, e si pel contenuto, «Le Trachinie»; per le quali rimando alla specifica introduzione.

E in questo ufficio culmina la drammaturgia di Sofocle: nella pittura dei caratteri.

E qui abbandono il lettore alle sue impressioni: del resto,